MAROSTICA
Origini e storia della città di Marostica
Le origini
Marostica, adagiata sulla fascia pedemontana che, amena e verdeggiante si estende dall’Astico al Brenta, ha sempre suscitato un irresistibile fascino per le bellezze naturali di cui è ricca e per un passato storico originale e glorioso.
Le sue colline miti e assolate, ove tuttora si coltivano il ciliegio, la vite e l’olivo, e l’immediata pianura sottostante favorirono l’insediamento di nuclei umani fin dai più remoti tempi della preistoria.
Alcuni reperti, costituiti da frammenti di vasi, cocci ecc., trovati per lo più sul Pauso, sono la conferma della preromanità di Marostica e del resto non va dimenticato che la presenza paleoveneta nella zona è testimoniata nella vicina Bassano dalla necropoli di Angarano che risale al periodo Este I (XIII-Vll sec. a.C.).
Età romana e primitiva
A est del Pausolino, sulla cui sommità si staglia in tutta la sua imponenza lo scaligero Castello Superiore, tuttora dominante la città, sorge il colle Pauso detto anche Monte della Croce o della Pace.
Ivi sorgeva un antico fortilizio romano come è testimoniato da vestigia di pietra ancora visibili.
Altre fortificazioni, per lo più torri di guardia, sorsero ai piedi e sulla sommità del Pausolino e, con ogni probabilità, sulla cima dell’Agù che, aguzzo, come dice il nome stesso, si eleva a occidente del Pausolino.
I Romani concepirono queste opere di fortificazione con l’evidente scopo di controllare politicamente e militarmente sia la pianura sia le vie che portavano all’Altopiano dei Sette Comuni.
Un’ampia opera di « centuriazione » assicurò la coltura di fertili terre e nel contempo il consolidamento della egemonia romana del territorio.
A perenne suggello della romanità di Marostica rimangono alcune vetuste lapidi: una reca il nome di una tal Martina, giunta appositamente dalla Gallia per piangere la morte del « dolcissimo suo marito ».
Un’altra, visibile ora nel loggiato del Castello Inferiore, è una aretta votiva dedicata a Diana, dea della caccia, e reca la seguente iscrizione « Grania Bacchis Deanae Do De » (Grania – di Bacco sacerdotessa a Diana – in dono diede).
Inoltre il ritrovamento di monete appartenenti ai diversi periodi della dominazione romana costituisce un’ulteriore conferma della pregnanza della romanità marosticense.
Il Cristianesimo, al pari delle altre località del Veneto, si diffuse con particolare vigoria dopo l’editto di tolleranza dell’imperatore Costantino (313 d.C.) che poneva fine alle persecuzioni contro i cristiani.
Una tradizione leggendaria fa risalire al I’ sec. d.C. l’origine della più antica chiesa di Marostica, la Pieve di S. Maria, detta anche il Domo: la costruzione sarebbe avvenuta grazie all’intensa opera evangelizzatrice del vescovo di Padova S. Prosdocimo.
E’ , invece, storicamente probabile che questa Pieve sia stata fondata e si sia sviluppata non prima del IV sec. d.C..
Un nucleo sociale e religioso di una certa consistenza ebbe dunque a svilupparsi ai piedi del Pauso, con il sovrastante castello, attorno alla piccola chiesa di S. Maria, nella zona dell’attuale Borgo medievale, che costituisce pertanto l’impianto urbanistico più antico della città.
L’Alto Medioevo
Dopo la caduta dell’Impero Romano d’Occidente (476 d.C.), Marostica seguì le vicende italiane e venete in particolare dei regni romano-barbarici con le dominazioni di Odoacre (476-493) e degli Ostrogoti di Teodorico;
conobbe le desolanti e misere condizioni di vita della guerra greco-gotica (535-553) tra Bizantini e Ostrogoti.
Conclusa la breve parentesi bizantina successiva alla suddetta guerra, l’entroterra veneto ebbe a subire l’invasione longobarda (568) cui fece seguito una dominazione destinata a durare ben più di due secoli e precisamente fino 774.
Di questo periodo, durante il quale Marostica fece parte del ducato longobardo di Vicenza, e per l’esattezza del 753, quando era re Astolfo (749-756), abbiamo un documento che parla del Castello sul Pauso, segno, questo, che, al pari dei Romani, i Longobardi tennero in grande considerazione questo presidio di difesa militare.
In seguito al crollo della potenza longobarda in Italia dovuto ai Franchi di Carlo Magno (774), Marostica venne incorporata nella contea carolingia di Vicenza e rimase sotto tale dominio fino all’887, anno della deposizione di Carlo il Grosso.
Ma il secolo IX si conclude con la possente immagine di Marostica che riattiva le sue fortificazioni, di origine romana, dall’Agù al Pauso di fronte al temibile pericolo degli Ungari.
Il 24 settembre dell’899 Berengario del Friuli, allora re d’Italia, venne disastrosamente sconfitto dagli Ungari sul fiume Brenta tra Nove e Cartigliano.
Il luogo della sconfitta conservò per parecchi secoli il nome di «vadum ungherorum» a perenne memoria di questo cruento evento.
Il secolo X, che la dotta storiografia ha incluso tra i secoli bui dell’alto Medioevo, caratterizzato da decremento demografico e impoverimento economico, è religiosamente importante per Marostica.
Infatti al 917 risale la donazione di Berengario al vescovo di Padova Sibicone, in base alla quale la Pieve di S. Maria, assieme a tutte le altre pievi della zona montana e pedemontana dall’Astico al Brenta, passa alle dipendenze della diocesi padovana.
Del periodo ottoniano, quando buona parte dell’Italia venne saldamente inglobata nel Sacro Romano Impero Germanico, abbiamo un importante documento risalente al 983: si tratta del famoso privilegio del vescovo di Vicenza Rodolfo che attesta l’ampia estensione dei benedettini nel vicentino e la contemporanea presenza religiosa di Padova e Vicenza in territorio marosticense.
In questo privilegio vengono menzionate le chiesette di S. Vito (recentemente – 1987 – ultimata nei lavori di restauro) a sud della città in direzione di Vicenza, e di S. Apollinare, ora scomparsa, a est dell’attuale centro storico, in direzione Marsan-Bassano. S. Vito e S. Apollinare erano centri di due «curtes» (unità agricole) grazie alle quali i benedettini svolgevano la loro preziosa opera di evangelizzazione e di bonifica del territorio.
Da non dimenticare, inoltre, a 2 km dal capoluogo, il monastero benedettino di Valle S. Floriano, anch’esso di antica origine.
Il Basso Medioevo
Gli Ezzelini, feudatari di origine tedesca, presenti nelle terre venete nel sec. XI e forse fin dalla fine del secolo precedente, agli iniziali feudi di Romano e Onara aggiunsero ben presto quelli di Bassano, Angarano, Cartigliano, ecc. fino a diventare una delle famiglie feudali più potenti e ricche del Veneto.
Probabilmente a prima del 1140 risale l’inizio della dominazione ezzeliniana a Marostica.
La presenza degli Ezzelini a Marostica si caratterizzò ben presto come un dominio continuamente conteso e rivendicato dai Vicentini, tanto è vero che quest’ultimi nel 1197 attaccarono e saccheggiarono il Borgo, la zona più popolata e antica della città.
Dopo alterne vicende si giunse nel 1218 alla pace tra Ezzelino Il il Monaco e la città di Vicenza.
In base a questo trattato di pace Marostica venne ceduta a Vicenza per 40.000 lire veronesi con l’obbligo per Vicenza di distruggere le fortificazioni marosticensi; ma quest’ultima clausola non ebbe pratica effettuazione, anzi è dato di supporre che i Vicentini abbiano ulteriormente rafforzato le strutture militari esistenti.
Nel 1235 Ezzelino III Da Romano riconquistò Marostica.
La dominazione di Ezzelino III, il famoso Tiranno, si protrasse fino al 1259, anno in cui le forze guelfe sconfissero il Da Romano che trovò la morte alcuni giorni dopo la battaglia di Cassano d’Adda.
Con la scomparsa del Tiranno la Marca Trevigiana e Veronese venne a disgregarsi e Marostica ritornò alle dipendenze di Vicenza.
Vicentini e Padovani
Per un breve periodo (1259-1266) Marostica fa parte del Comune di Vicenza; risale a questi anni un famoso documento (1262) che contiene l’elenco delle fortezze e dei castelli appartenenti a Vicenza.
L’elenco conferma l’esistenza a Marostica di torri sul Pauso, sul Pausolino e sull’Agù ma parla anche di un «castro» con una torre «zironata», sito probabilmente nella zona dove attualmente sono ubicati la chiesa ed il campanile di S. Antonio Abate.
Il dominio padovano inizia nel 1266 quando Vicenza passa sotto la «custodia» padovana.
L’asservimento di Vicenza e Marostica a Padova venne stroncato ai primi del XIV sec. dall’espansionismo scaligero.
Gli Scaligeri (1311-1387) e l’edificazione Castelli con la cinta muraria
Nel 1311 Marostica e Vicenza, ad eccezione di Bassano, passano sotto la dominazione dei Della Scala, Signori di Verona.
Ai tempi del più famoso degli Scaligeri, Cangrande, (anni 1312 e successivi) il conquistatore di Vicenza, risalgono le due costruzioni civili e militari più significative della città: il Castello Inferiore, detto anche Castello Da Basso, (è probabile che sia stato inizialmente costruito solo il Mastio in quanto il Castello-recinto apparterebbe ai tempi di Mastino II) ed il Castello Superiore sul Monte Pausolino
Anticamente i Romani edificarono, sulla sommità del Pausolino, una fortificazione che venne successivamente utilizzata in epoca medioevale.
Nel 1262 è documentata, infatti, l’esistenza su questo colle di una torre «tribus spondis».
Cangrande Della Scala (1312 e anni seguenti) fece edificare, su questa preesistente torre, il Castello Superiore, che, di forma quadrata, aveva ai lati quattro torresini ed una grande torre nel mezzo.
Il castello, che fu sede del podestà veneziano fino alla guerra di Cambrai (15091510), era dotato, stando a quanto ci tramanda nella sua «Storia manoscritta di Marostica», Giò Paolo Matteazzi, oltre che di un grande pozzo, ancora visibile nell’ampio cortile interno, di una chiesa e di un mulino a vento.
Le mura, con i suggestivi rivellini e torrioni, sono posteriori alla costruzione dei due Castelli: vennero iniziate da Cansignorio il 1 marzo 1372, come ci tramanda Conforto da Costozza, un cronista del tempo. Nel 1934-35 venne praticata un’apertura a sud, presso il Castelloinferiore, per consentire un accesso diretto dalla neonata stazione della Ferrovia.
Di età scaligera, e precisamente del 1383, è la Chiesa di S. Antonio Abate che, alle origini, aveva dimensioni di semplice cappella.
Con gli Scaligeri, Marostica assume il volto attuale di città murata, fortificata in modo possente, razionale ed ordinato.
Da allora il centro politico e civile della città è diventato proprio quello all’interno dell’armoniosa cinta muraria.
I Visconti (1387-1404)
Il breve periodo del dominio visconteo inizia nel 1387: degno di essere ricordato il tentativo di Gian Galeazzo Visconti, il famoso Conte di Virtù, di deviare il corso del Brenta per togliere l’acqua ai nemici padovani.
Il nuovo alveo veniva ad interessare una considerevole parte del territorio marosticense.
La dominazione Veneziana (1404-1797)
Nel 1404 Marostica passa alla Serenissima Repubblica di Venezia.
Marostica è sede di una vasta podesteria e, assieme a Lonigo, altra città murata del vicentino, ha il privilegio di avere un podestà direttamente scelto e nominato da Venezia.
La grande e suggestiva Piazza viene arricchita dalla costruzione di una fontana, purtroppo non più ammirabile; ma la grande Piazza è soprattutto simbolo dell’intensa vita politica e commerciale della città: racchiusa com’è a sud dal Castello Inferiore, edificio pubblico-militare e a nord dalla «Rocca di mezzo», Palazzo del Doglione, ex sede della Banca Popolare di Marostica, il più antico istituto di credito della città.
Il sec. XV è soprattutto un secolo di «edificazione religiosa».
Dentro la cerchia muraria nel 1450 e nel 1486 vengono erette rispettivamente la Chiesa di S. Marco e la Scoletta del SS. Sacramento, quest’ultima proprio di fronte alla Chiesa di S. Antonio Abate.
Nell’antico Borgo, invece, viene edificata la Chiesa di S. Gottardo mentre la Pieve di S. Maria, il Domo, viene restaurata e ampliata.
Ma la costruzione più importante che viene a cadere proprio negli ultimi anni del Quattrocento è il famoso Convento di S. Sebastiano, a est della Pieve di S. Maria e di cui tuttora si vedono le vestigia.
Il sec. XVI si apre tragicamente con la guerra della Lega di Cambrai: i Veneziani, sconfitti ad Agnadello, nel maggio del 1509, dalle truppe dell’imperatore Massimiliano d’Asburgo, vedono le terre della Repubblica invase dalle truppe tedesche.
Parecchio dovettero patire i marosticensi in questa guerra e Marostica venne occupata e rioccupata più volte dagli Imperiali e dalle milizie veneziane.
Alla fine Venezia ebbe la meglio e la guerra della Lega di Cambrai si concluse con l’evacuazione degli Imperiali dai territori della Serenissima.
Dal punto di vista religioso nel 1510 i Domenicani portano a termine la costruzione della chiesa e del Convento di S. Rocco (Borgo Panica, ad ovest della città, ora chiesetta dell’Ospedale Civile).
Per iniziativa di un facoltoso medico veneziano, Cornelio Bianchi, verso la metà del secolo XVI, si ha la costruzione della Chiesetta di S. Benedetto sul colle omonimo, nella fascia collinare orientale verso Marsan e Bassano.
Nel 1558 questa bella chiesetta, ora scomparsa, appare già costruita ed edificata.
Il podestà, a causa delle rovinose condizioni in cui era venuto a trovarsi il Castello Superiore in seguito alla guerra di Cambrai, stabilì la sua nuova residenza in quello Inferiore che, nel XVII secolo, il podestà Marino Nadal arricchì di una magnifica Cappella, attuale Sala del Consiglio.
Bisogna inoltre ricordare la Chiesa dei Carmini (1618-19) che viene a completare la serie degli edifici religiosi entro la cerchia muraria.
Questa bella chiesa, assieme alla Scoletta e alla Chiesa di S. Antonio Abate, crea uno degli angoli pi/uGrave suggestivi e mirabilmente sereni del centro storico.
Ma il Seicento è anche soprattutto il secolo della costruzione di molte chiesette nobiliari quali quelle di S. Gaetano, S. Rosa e S. Anna: sono chiesette annesse alle ville padronali e sorgono non nel centro cittadino bensì nella campagna periferica.
Inoltre è proprio in questo secolo, e precisamente nel 1685, che Marostica ottenne il titolo di «Città» dal doge Corner.
Il sec. XVIII è di grande rilevanza per Marostica ed il Vicentino in particolare per quel che concerne l’ultimo decennio.
Venezia assiste alla sua lenta decadenza, ai margini della scena politica europea, in malinconica solitudine politica cui fanno riscontro le feste ed i carnevali di una aristocrazia ormai fiacca e indebolita, in contrasto con la fierezza ed il coraggio dei suoi vecchi mercanti.
E così mentre l’entroterra veneto vede un crescendo di costruzione di ville, segno tangibile di una fuga, di un isolamento e di una crisi dell’attività politica, anche Marostica ed il suo territorio risentono di questo generale clima di indebolimento politico della Repubblica del Leone.
Dalla Caduta della Repubblica di Venezia al Congresso di Vienna
Il 1797 segna la fine della Repubblica di Venezia sotto i colpi di Napoleone Bonaparte.
Il generale còrso è a Marostica ove vengono tolte le insegne di S. Marco, viene abbattuto il Leone nella Piazza e viene innalzato l’Albero della Libertà, simbolo della Francia rivoluzionaria.
Dopo le alterne vicissitudini legate alla occupazione austriaca e alla rioccupazione francese, con il Congresso di Vienna del 1815 Marostica è, col Veneto, annessa all’Impero d’Austria.
Congresso di Vienna – Fine dominio austriaco
Del periodo austriaco ricordiamo la riorganizzazione ecclesiastica del 1818: ritornano alla diocesi di Vicenza le chiese di Marostica ad eccezione delle chiese delle frazioni collinari di S. Luca, Crosara e Pradipaldo che rimangono e tuttora appartengono alla diocesi di Padova.
Nel 1854 Marostica ottiene dal Ministero dell’Interno austriaco lo stemma cittadino che, significativamente, è costituito da un colle sulla cui sommità si innalza un castello con il mastio sovrastante; un leone d’oro sale verso il castello portando con se una bandiera bianca con una croce rosso-azzurra.
Nel 1866, con la terza guerra d’indipendenza, il Veneto viene a far parte del Regno d’Italia e da questa data Marostica è inserita nel più ampio quadro della storia nazionale.
Verso la storia attuale
Negli anni successivi, di particolare rilievo, dal punto di vista economico, e in particolare per numero di macchine e di operai impiegati e per quantità e qualit&aGrave dei prodotti finiti, rimane lo sviluppo dell’industria della paglia che ottiene i suoi più proficui risultati nel periodo che precede lo scoppio della Prima Guerra Mondiale.
Durante la Grande Guerra Marostica assolve alla funzione di centro di acquartieramento delle truppe impegnate a combattere nell’Altopiano dei Sette Comuni.
Di grande interesse storico rimane il « Comando- Tappa» a Vallonara , frazione di Marostica, proprio al piedi dell’Altopiano, dove ebbe a sostare anche la gloriosa e famosa Brigata Sassari.
Degno di nota, durante il ventennio fascista, rimane il restauro dei Castelli ultimato nel 1936.
Il tributo di sangue per la libertà è testimoniato, durante la Resistenza, dal martirio avvenuto nel gennaio 1944, di quattro giovanissimi partigiani, fucilati nel cortile del Castello Inferiore, sacrificio che rimane nella storia a monito perenne per la democrazia moderna, per la generazione attuale e quelle future.